mercoledì 21 ottobre 2009

Nerds Attack lo vede così....

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Quattro giovani ciociari alle prese con il loro debutto discografico. Passo importante, spesso decisivo, difficoltoso nel momento di racchiudere una lasso di tempo della propria vita musicale (lungo o corto che sia), in una inevitabile “custodia” in plastica con un determinato limite di minutaggio. Gli Shout costruiscono una sorta di album-storia (si esatto proprio un concept) sulla sopravvivenza casalinga, superando (forse) quel limite. Un inno alla misantropia. Dunque un manuale per (tentare) di non suicidarsi. “Un microfono dentro un frullatore in una stanza piena di vinili”. E’ così che sinteticamente spiegano il sound della loro proposta. Ma in quella frase c’è la verità di un lavoro sinceramente troppo “colmo”. Troppo saturo. Di influenze, citazioni, riferimenti, ritagli, campionamenti, tutto frullato, appunto, e spalmato lungo dodici tracce. Una evidente prolissità che sposa una certa ostentazione nel voler dimostrare la propria cultura onnivora. Inutile, perchè i numeri da grande “squadra” gli Shout ce l’hanno eccome. A partire dai testi verbosi, ricchi e dissacranti. Trasversalità a doppio senso che tange l’hard rock, il rock’n'roll (dagli Stones ai BJM/Dandy Warhols), il pop sessanta, gli Afterhours, l’alternative corrosivo nirvaneggiante, un certo cantautorato (poco gentile) e litanie ossessive. Un difetto comune agli esordi. Ma sono dettagli che nulla tolgono alla nonchalance con la quale i quattro laziali sembrano muoversi all’interno del loro mondo “polveroso” e pieno di “fruscii”. Attesi da una futura prova, che sappia compendiare e puntare dritto al cuore. [***]

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